Le etnee

Le etnee
Tragedia perduta
AutoreEschilo
Titolo originaleΑἰτναῖαι
Lingua originale
  • Greco antico
GenereTragedia greca
AmbientazioneSicilia
Prima assoluta471-470 a.C. circa[1]
Teatro greco, Siracusa[1]
 
Manuale

Le etnee (in greco antico: Αἰτναῖαι?, Aitnâiai) è il titolo di una tragedia greca di Eschilo, di cui nulla è rimasto, se non un frammento dell'opera (ma di incerta attribuzione), un frammento di un riassunto e qualche riferimento in altre opere. Fu composta per celebrare la rifondazione, da parte di Gerone I, della città di Katane con il nome di Aitna.

Caratteristiche

Nulla si sa della trama dell'opera, se non che essa era ambientata in ben cinque località diverse (cosa assai inconsueta per una tragedia greca, in aperto contrasto con le cosiddette unità aristoteliche). La prima parte dell'opera era infatti ambientata ad Aitna, la seconda a Xuthia (mitica città dell'eroe eponimo Xuto),[2] la terza nuovamente ad Aitna, mentre il resto dell'opera era ambientato dapprima a Leontini, poi a Siracusa, infine sul colle Temenite.[3]

Commento

Tra il 476 e il 475 a.C., Gerone opera, come già Gelone, un intenso programma di redistribuzione demografica, come attesta Diodoro (XI, 49):[4]

«Ierone, dopo aver cacciato dalle loro città i Nassii e i Catanesi, vi inviò propri coloni, raccolti cinquemila dal Peloponneso e altrettanti da Siracusa. Catania la ribattezzò in Áitna e assegnò in lotti non solo il suo territorio, ma anche molto di quello limitrofo [...] sia perché voleva disporre [...] di una forza di intervento pronta e numerosa, sia perché mirava a ottenere onori eroici da una città di diecimila abitanti. Trasferì poi in Lentini i Nassii e i Catanesi scacciati dalle loro città, obbligandoli a coabitare con gli indigeni.»

La rifondazione di Katane è oggetto, oltre che delle Etnee, anche della celebrazione di Pindaro (Pitica 1, 58-70). In essa, Gerone è proclamato cittadino etneo e a Dinomene, figlio di Gerone, viene attribuito il titolo di re (βασιλεύς, basiléus) di Aitna. Sembra che la propaganda dinomenide tendesse ad appropriarsi di tradizioni sia sicule sia euboiche. Sicule, perché, nelle Etnee, Siracusa è presentata come grande fattore di ellenizzazione del mondo indigeno isolano, ad esempio nel caso dell'appropriazione dei culti legati ai Palici, che significa una "depauperizzazione di tutte le tradizioni connotanti identità anelleniche"[5]. Euboiche, perché Eschilo dipinge la polis aretusea che si ricollega alle tradizioni fondative delle poleis ioniche.[6]

L'operazione di redistribuzione demografica è favorita da una eruzione dell'Etna, che sia Pindaro che Le etnee menzionano.[7]

Note

  1. ^ a b Guido Avezzù, Il mito sulla scena, Venezia, Marsilio, 2003, p. 31, ISBN 88-317-8070-0.
  2. ^ Xuthia, su books.google.it. URL consultato il 5 maggio 2020.
  3. ^ Ramelli, op. cit., pp. 197-201.
  4. ^ Braccesi e Millino, op. cit., pp. 84-85.
  5. ^ Braccesi e Millino, op. cit., p. 87.
  6. ^ Braccesi e Millino, op. cit., pp. 86-87.
  7. ^ Braccesi e Millino, op. cit., p. 85.

Bibliografia

  • Lorenzo Braccesi e Giovanni Millino, La Sicilia greca, Carocci editore, 2000, ISBN 88-430-1702-0.
  • Moses Finley, Storia della Sicilia antica [1968], ed. Laterza, quinta edizione (1998), ISBN 88-420-2532-1.
  • Ilaria Ramelli (a cura di), Eschilo - Tutti i frammenti con la prima traduzione degli scolii antichi, Bompiani, 2009, ISBN 978-88-452-6289-0.

Collegamenti esterni

  • Paolo Cipolla, «Il 'Frammento di Dike' (Aesch. F 281a R.): uno status quaestionis sui problemi testuali ed esegetici», in Lexis, 28.2010, Adolf M. Hakkert editore.
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