Epentesi

L'epèntesi (dal greco epénthesis, "inserzione") è un fenomeno di fonetica storica che consiste nell'aggiunta di un suono all'interno di una parola e può avvenire per ragioni diverse e in posizioni diverse. È anche detta anaptissi quando l'inserimento è di vocale[1].

Esempi

Avviene, ad esempio, per evitare iato. Alcuni fenomeni di epentesi si manifestano nel passaggio dal latino all'italiano[2]:

  • IohannesGiovanni
  • ruinamrovina
  • Piazza in AgonePiazza NaonePiazza Navona

Alcune epentesi sono state cancellate nell'evoluzione dell'italiano:

  • PaoloPagoloPaolo

Il fenomeno si presenta (anche solo graficamente) per evitare l'assimilazione:

  • columnacolumpna (anche se poi, in italiano, l'assimilazione si è comunque prodotta: colonna)

Nel caso di anaptissi, l'inserzione di una vocale serve ad agevolare la pronuncia:

  • baptismumbattesimo
  • dal francese antico medesmemedesimo
  • dal tedesco Landsknechtlanzichenecco

Talvolta, l'epentesi può derivare da incrocio:

  • reddere (latino: "restituire") → rendere (l'incrocio è con prendere)

Altri casi

Non è invece anaptissi quella che occorre con avverbi in -mente che originino da aggettivi sdruccioli, come nel caso di similemente (si tratta infatti della forma etimologica), e neppure è anaptissi quel che occorre in certe forme verbali, come averai. In questi casi si ha piuttosto sincope (similementesimilmente e averaiavrai), fenomeno opposto all'epentesi.[1]

La d eufonica può essere considerata una forma di epentesi fonosintattica e così pure la forma sur per su.[1]

Nel greco antico

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Nel greco antico, il fenomeno dell'epentesi è frequente in molti temi del presente nei verbi in (omega). Per esempio il verbo λαμβάνω (lambàno, prendere) nasce dalla radice λαβ- ληβ- (lab- leb-) che indica il prendere, a cui viene aggiunta la (n: ecco il fenomeno dell'epentesi), successivamente viene aggiunto l'infisso -αν- (an, caratteristico infisso del presente), infine vengono aggiunte le desinenze personali, nel caso della prima persona singolare.

Nell'enigmistica

Nell'enigmistica l'epentesi è un gioco che consiste nell'indovinare, a partire da alcuni versi, due parole, delle quali una è identica all'altra tranne che per l'aggiunta di una consonante[3]. Ad esempio: casa e casta.

In retorica

In retorica l'epentesi (o anaptissi) è una figura retorica che prevede l'inserimento di una vocale fra due consonanti, rendendo una sillaba in più a fini metrici.

Esempi:

«Ciascun rivederà la trista tomba»

(Dante, Inferno)

«d'un altro Orfeo la cetera»

(Vincenzo Monti, Al signor Montgolfier)

«Niun fantasima di luce»

(Giosuè Carducci, In Carnia)

«di quella maramaglia, io non lo nego»

(Giuseppe Giusti, Sant'Ambrogio)

Note

  1. ^ a b c Dizionario di linguistica, 2004, cit., p. 284.
  2. ^ Gli esempi sono tratti da Dizionario di linguistica, 2004, cit., p. 284.
  3. ^ La voce epentesi su treccani.it.

Bibliografia

  • (a cura di) Gian Luigi Beccaria, Dizionario di linguistica, ed. Einaudi, Torino, 2004, ISBN 978-88-06-16942-8

Voci correlate

  • Prostesi
  • Epitesi
  • Aferesi (linguistica)
  • Apocope

Collegamenti esterni

  • Voce "epentesi" nell'Enciclopedia dell'Italiano Treccani, su treccani.it.
  • Figure fonetiche in Breviario di metrica italiana, su metrica-italiana.it. URL consultato il 2 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2014).
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